Lavorare nella ristorazione e il caso montato sulle parole di Borghese

La polemica intorno alle parole di Alessandro Borghese appare come un modo di deviare l'attenzione dal vero problema delle risorse umane che attanaglia la ristorazione professionale, uno dei settori più importanti della nostra economia nazionale.

LAVORARE NELLA RISTORAZIONE PROFESSIONALE, LA POLEMICA INTORNO ALLA DICHIARAZIONE DI ALESSANDRO BORGHESE

Tutti conoscono Alessandro Borghese, noto chef che nel corso degli anni si è ritagliato anche un ruolo importante in diversi e fortunati programmi tv. Ultimamente però una sua intervista rilasciata al Corriere ha scatenato quello che potremmo definire un vespaio di polemiche. Alludiamo nello specifico alle sue parole sull’atteggiamento che molti giovani avrebbero sul posto di lavoro. Quando Borghese ha dichiarato non ho nessun problema nel dire che lavorare per imparare non significa essere per forza pagati in tanti si sono indignati.

Ma come spesso accade le parole vengono “selezionate ad arte” per creare polemica, visto che i giornali sanno che è la “polemica” che fa vendere.

Coloro che hanno inteso dalle parole dello Chef che i giovani devono essere disposti a “Lavorare Gratishanno sicuramente ragione ad indignarsi, in quanto il lavoro, per essere legale, deve essere effettivamente retribuito. Ma la specifica “PER IMPARARE” dentro alla frase di Borghese non è da sottovalutare, perché stravolge radicalmente il significato delle sue parole.

Quello che capiamo noi è che lo chef non invita i giovani a lavorare gratis, piuttosto lamenta il fatto che ci sia un problema reale, quello delle competenze dei giovani che, nello specifico nel campo della ristorazione, si affacciano al mondo del lavoro.

IL VERO PROBLEMA SEMBRA NASCOSTO

Partendo dunque dal presupposto che ogni forma di lavoro deve ricevere un giusto compenso possiamo provare ad andare più in profondità nell’analisi e andare a delineare quello che, per molti addetti ai lavori, rappresenta un grave problema. Molti giovani appena usciti dall’alberghiero, unico percorso statale per questo tipo di lavoro, si scontrano con una realtà che spesso li coglie impreparati. Questo avviene non tanto per colpe loro, quanto piuttosto per una pluralità di fattori spesso poco considerati.

QUANDO ANCORA NON SI SA COSA FARE DA GRANDI

Quando viene la scelta di quale scuola superiore fare, si hanno all’incirca 13 o 14 anni. E’ difficile che a quell’età un ragazzo abbia le idee chiare del proprio futuro e di cosa vuole fare davvero da grande. Ecco perchè molti che escono dall’istituto alberghiero fanno poi tutt’altro nella vita.

CONFRONTARE L’AMBIENTE LAVORATIVO

Finchè l’unico parametro di confronto è la cucina di casa propria, la scuola o i programmi di cucina in TV, l’idea che si può avere di questo mestiere può essere decisamente falsata. Il mestiere del cuoco, così come quello del pasticcere e del pizzaiolo, sono mestieri molto pratici. Se dovessimo azzardare una percentuale, il 20% del know how lo puoi acquisire a scuola, ma il 75% lo puoi acquisire solo mentre stai lavorando. Quindi alcuni neo diplomati pensano già di padroneggiare tutte le competenze e magari non si rendono conto che hanno la necessità di completare la maggior parte della propria formazione.

Ne consegue che spesso si devono relazionare con imprenditori che si trovano nella situazione di dover dare loro la giusta retribuzione a fronte però di competenze spesso manchevoli quando non assenti. Ma una volta premesso che il lavoro deve essere comunque retribuito, e che quindi l’assenza di competenze non può diventare una scusa per giustificare lo sfruttamento, come provare a risolvere questo problema che può avere conseguenze negative per tutto il settore?

MA LE SOLUZIONI CI SONO

Ci sono in Italia delle realtà in diretto contatto con il mondo del lavoro e che sembrano aver trovato una soluzione concreta al problema. Visto che le vere problematiche sono da ricercare nella “Motivazione” e nella “Mancanza di pratica del lavoro“, alcune realtà italiane stanno adottando una duplice strategia:

  • Dialogare con aspiranti cuochi, pasticceri e pizzaioli che abbiano superato l’età dell’indecisione e che vogliono effettivamente fare questo mestiere.
  • Sfruttare uno strumento ideale per aumentare le competenze dei nuovi addetti che si affacciano al mondo della ristorazione chiamato Tirocinio Curriculare.

Queste scuole private, che formalmente sono agenzie di formazione professionale, prevedono nei piani formativi percorsi completi con tirocini curriculari. Il tirocinio curriculare è l’arma con cui queste agenzie sopperiscono a questo problema. Dopo aver insegnato sul banco di scuola i principi della professione, i ragazzi, e non solo ragazzi visto che ultimamente gli allievi arrivano anche ai 50 anni di età, vanno a sperimentare per mesi cosa significa lavorare nella ristorazione continuando la loro formazione in un ristorante, pasticceria o pizzeria in piena attività. E’ così che imparano quello che li trasforma da studenti in professionisti.

ESEMPI DI FORMAZIONE DI SUCCESSO

Di queste agenzie di formazione possiamo citare la storica ALMA, nata dall’abilità del Maestro Gualtiero Marchesi e da sempre ritenuta la scuola di cucina migliore d’Italia, così come l’Accademia Italiana Chef, che con le sue 7 sedi nella penisola rappresenta a tutti gli effetti la realtà più grande del settore e con l’85% di allievi al lavoro dopo il diploma.

Se da oltre 10 anni fanno questi numeri è evidente che la loro “ricetta” per formare le nuove leve è efficace e si sposa con quello che vuole il mercato del lavoro.

Queste scuole utilizzano dei format specifici e consolidati con cui accompagnano gli studenti in un percorso formativo reale e orientato ad acquisire proprio quelle competenze richieste dal mondo del lavoro. I tirocini curriculari sono parte essenziale ed integrata del percorso didattico, un modo per imparare senza pesare sulle spalle dell’imprenditore. Una garanzia questa tanto per lo studente che per i futuri datori di lavoro, e se questo non bastasse, frequentare questo tipo di corsi permette anche di godere degli sbocchi lavorativi dedicati proprio agli allievi che hanno quegli specifici diplomi. I tassi di assunzione sono elevatissimi e quindi permettono di trovare la propria collocazione in un settore, quello della ristorazione, che può rappresentare un volano di crescita economica e personale importante.

IN CONCLUSIONE

Se quindi da un lato le parole di Borghese sono state ritenute inappropriate, dall’altro potrebbero diventare spunto per una riflessione seria sulla situazione della formazione nel mondo della ristorazione che, lo ricordiamo ancora una volta, rappresenta un pezzo importantissimo del Made in Italy e della nostra economia. L’unico modo per formare seriamente dei professionisti della ristorazione è dare loro gli strumenti giusti, le competenze giuste e soprattutto calarli già nel mondo dove andranno a operare.

E questo non deve essere a carico del ristorante, pasticceria o pizzeria, che hanno già i loro bei grattacapi per mantenersi solventi e dare un servizio adeguato alla loro clientela.

Concludiamo con la speranza che ci siano da parte dei media meno polemiche e maggiore attenzione a dare i giusti stimoli agli italiani creativi che vogliono intraprendere queste professioni: la ristorazione italiana può essere senza dubbio la locomotiva per il risanamento del paese.