Il Wagyu e la carne di Kobe: alla scoperta del manzo d’eccellenza giapponese

Gli amanti della carne pregiata ricercano l’eccellenza e sono anche disposti a fare sacrifici economici pur di soddisfare il palato. In Italia abbiamo a disposizione molte carni di qualità ma negli ultimi tempi sono sempre di più quelli che cercano il Wagyu, carne di manzo giapponese considerata come una delle più pregiate (e care) al mondo.

Il manzo Wagyu e il suo DOCG, la carne di Kobe

Gli amanti della carne pregiata ricercano l’eccellenza e sono anche disposti a fare sacrifici economici pur di soddisfare il palato. Parlando di sacrifici (soprattutto economici) siamo culinariamente obbligati dedicare un articolo al manzo Wagyu, allo specialissima carne di Kobe e alla rivale di quest’ultima, il Matsusaka. In Italia abbiamo a disposizione molte carni di qualità ma negli ultimi tempi sono sempre di più quelli che cercano il Wagyu, carne di manzo giapponese considerata come una delle più pregiate (e care) al mondo.

La carne Wagyu Kobe e le razze giapponesi: facciamo chiarezza

Con il termine Wagyu si definisce una delle razze bovine giapponesi (Japanese Black, Japanese Brown, Japanese Poll, Japanese Shorthorn). Non è detto però che tutto il manzo Wagyu sia anche “Kobe”, in quanto con “Kobe” si identifica un preciso marchio registrato e depositato in Giappone che fa riferimento a una precisa zona geografica e specifiche caratteristiche disciplinari di cui parleremo dettagliatamente in questo articolo.

La parola “Wagyu” vuol dire letteralmente “manzo giapponese”, mentre “Kobe” è uno specifico tipo di manzo Wagyu che si ricava da un bovino di manto nero della regione di Tajima e la cui produzione, macellazione e vendita è fatta sulla base di un disciplinare. Una sorta di DOCG nostrano. Questo vuol dire che una carne di manzo Wagyu per essere autenticata come “Kobe” deve ricevere il Sigillo Imperiale e il “Timbro del Crisantemo”, e deve quindi rispettare le 10 regole d’oro definite da un disciplinare di produzione.

Le 10 Regole d’Oro!

1  – DEVE ESSERE DI RAZZA NERA GIAPPONESE.

– IL BOVINO PER ESSERE CONSIDERATO “KOBE” DEVE ESSERE NATO E ALLEVATO NELLA REGIONE DI HYOGO.

– L’ALLEVATORE DEVE FAR PARTE DELL’ASSOCIAZIONE DI KOBE E ALLEVARE I BOVINI SEGUENDO INDICAZIONI PRECISE.

4 – I BOVINI DEVONO ESSERE FEMMINE CHE NON HANNO MAI PARTORITO O MASCHI CASTRATI.

5 – IL PESO DELLA CARCASSA MASCHI DEVE ESSERE COMPRESO TRA 260 E 470 KG, DELLE FEMMINE TRA 230 E 470 KG.

– DEVONO AVERE TASSATIVAMENTE UN’ETÀ TRA I 28 E I 60 MESI.

– DEVE ESSERE VENDUTO ESCLUSIVAMENTE NELL’AREA DI HYOGO.

– LA QUANTITÀ DI CARNE UTILIZZABILE DEVE ESSERE DI GRADO A O B

9 – SIA GLI ACQUIRENTI CHE I VENDITORI DEVONO FAR PARTE DELL’ASSOCIAZIONE DI KOBE UFFICIALE.

10 – IL RAPPORTO DI MARMORIZZAZIONE DEVE ESSERE COMPRESO TRA IL 6° E 12° LIVELLO

I manzi giapponesi che non rispettano i requisiti di queste 10 regole sono quindi Wagyu ma non Kobe, e il loro prezzo sarà quindi considerevolmente minore anche se si parla comunque di carni di grande qualità. I ristoratori che vogliono offrire qualcosa di diverso alla propria clientela e vogliono arricchire il Menù con proposte esotiche non possono ignorare il manzo giapponese. La qualità però si paga: un filetto alla griglia di carne Kobe può costare qualcosa come 270 euro.

Carne di Kobe VS Matsusaka 

Uno scontro degno di Godzilla e Gamera. Visto che per il giapponese esperto gourmet la bistecca idealmente perfetta “si dovrebbe poter tagliare con le bacchette“, appare all’orizzonte un nuovo DOCG della prefettura di Mie, vicino Osaka, che promette simili caratteristiche. La Matsusaka sembra infatti abbia caratteristiche paritarie, se non superiori alla carne Kobe e l’unico suo difetto appare il marketing.

Il manzo Matsusaka ha molte caratteristiche in comune con quello di Kobe: la mucca deve essere nata nella regione di Tajima e solo dopo viene allevata e cresciuta a Matsusaka ottenendo così la denominazione: “Special Grade Matsusaka Cattle”. Come con la Kobe si osserva un rigido disciplinare che porta poi alla certificazione. Ogni mucca possiede nel sua scheda anche l’impronta nasale, il pedigree, gli alimenti e ovviamente il nome.

Il Manzo Matsusaka: caratteristiche e vanti.

Profumo profondo e peculiare della carne di manzo giapponese,  così comincia la descrizione nel sito ufficiale dedicato a questa speciale carne. Il manzo di Matsusaka è caratterizzato da un odore elegante con dolcezza e profondità. Il grasso è di ottima qualità, questa carne contiene particolari “Acidi grassi insaturi” che hanno un effetto inibitorio sul colesterolo cattivo e si dice che siano “oli salutari”. La carne di manzo di Matsusaka è ulteriormente arricchita e contiene gli acidi grassi insaturi aggiuntivi rispetto alla tipica carne di manzo giapponese. Un fattore decisivo: la speciale marmorizzazione e il punto di fusione del grasso. Gli speciali e abbondanti acidi grassi insaturi contenuti nella carne di Matsusaka sono olii a basso punto di fusione che generano una consistenza della carne ideale e la promessa di sciogliersi appena entrano in contatto con la bocca.

Come riconoscere il Wagyu 

Stiamo parlando di una carne di manzo tenera e succosa che si riconosce facilmente per via della presenza di una fitta ragnatela di grasso marmorizzato. Il Wagyu deve proprio a questo la sua morbidezza unica, non a caso gli addetti ai lavori sono pronti a scommettere che le esportazioni di manzo nipponico aumenteranno fino ad arrivare a 240 milioni di dollari entro i prossimi due anni.

I ristoratori che vogliono inserire nella loro proposta il Wagyu devono sapere che queste carni vengono valutate e classificate con estrema cura dal Ministero dell’Agricoltura nipponico con una apposita scala.

Il manzo Wagyu viene così classificato in tre gradi (A, B, C) che dipendono dalla percentuale di carne commestibile per ogni capo:

 

A: 72% in su (Sopra la media)

 

B: Tra 69% e 72% (Nella media)

 

C: Sotto il 69% (Sotto la media)

Esiste anche una classifica relativa alla qualità che va da 1 a 5 basata sulla qualità della marmorizzazione BMS (Grado di marmorizzazione Beef Marble Score) della carne, sulla qualità del grasso, sul colore, sulla consistenza e sulla resa. Ci sono poi ben 12 gradi di marmorizzazione della carne di manzo Wagyu.

Wagyu: Classifica di qualità del Manzo 

1 – Povera (BMS 1)

2 – Sotto la media (BMS 2)

3 – Nella media (BMS 3-4)

4 – Buona (BMS 5-7)

5 – Eccellente (BMS 8-12)

Chi volesse delle informazioni specifiche sui criteri di classificazione della qualità della carne di manzo giapponese può consultare in qualsiasi momento il sito ufficiale della Japan Meat Grading Association.  Tutti i capi di manzo Wagyu hanno un pedigree dedicato che riporta tutti i dati utili circa l’allevamento e la sua vita, antenati compresi.

Sono proprio le venature di grasso l’elemento che conferiscono al manzo Wagyu il suo tipico aspetto marmorizzato e un contenuto di grassi saturi pari alla metà di quello contenuto nelle carni bovine in commercio. L’attenzione maniacale alla qualità è tra le più rigorose al mondo, questo per garantire una corretta marmorizzazione della carne e una bassa percentuale di colesterolo.

Il segreto del Manzo Wagyu:

Gli allevatori giapponesi sono molto attenti alla cura dei loro capi di bestiame e utilizzano delle tecniche molto particolari per ottenere il massimo della qualità. Sull’argomento circolano anche alcune leggende che godono di ampia diffusione, come che i manzi Wagyu vengano dissetati con birra e Sakè per farli ingrassare più velocemente e che vengano intrattenuti durante i pasti con dei brani di musica classica come tecnica di rilassamento così da stimolare l’appetito e la corretta alimentazione.

Non è possibile con certezza confutare se si tratta di leggende o di pratiche reali, quel che è sicuro è che i manzi giapponesi godono di attenzioni fuori dal comune. Quel che si sa è che i manzi giapponesi vengono massaggiati in modo regolare per migliorare la tenerezza delle carni e supplire alla mancanza di spazi adeguati così da sviluppare una carne con valore organolettico maggiore. Inoltre il mantello dei manzi Wagyu viene spazzolato periodicamente con vino di riso così da renderlo sempre splendente. Gli allevatori giapponesi hanno perfezionato tecniche secolari e prestano molta attenzione alla marmorizzazione della carne che viene favorita alimentando i manzi con paglia di riso.

Si tratta anche di un cibo dietetico, non a caso alcuni allevatori giapponesi cominciano a commercializzare manzi Wagyu speciali che hanno lo stesso sapore di quelli tradizionali, ma hanno un contenuto calorico estremamente ridotto. In Giappone, in alcuni ristoranti, è possibile gustare questa specifica tipologia di Wagyu a prezzi relativamente economici: un filetto da 180 grammi costa all’incirca 34 euro. Il vero e proprio segreto del manzo giapponese Wagyu è comunque il basso punto di fusione dei grassi che, sciogliendosi alla temperatura corporea umana, restituiscono al palato sensazioni si morbidezza e succosità.

Come cucinare il Manzo Wagyu?

Il modo migliore per cucinare il manzo Wagyu è cuocerlo in padella o su grill a gas o a legna. Prima di cucinarlo però sarebbe opportuno scongelarlo almeno ventiquattro ore prima a temperatura ambiente (mai utilizzare acqua calda o microonde). Dopo aver asciugato la carne con un panno da cucina per assorbire il sangue di troppo lo si può cuocere in padella trenta secondi per lato.

E’ davvero molto importante servire il manzo giapponese al sangue al fine di esaltarne le caratteristiche e qualità. Alcuni grandi chef comunque amano sperimentare e hanno già osato proponendo ricette come il ragù di Wagyu o l’uovo di quaglia con tartare di Wagyu. Si parla di un manzo di rara morbidezza e sicuramente sarà molto apprezzato da parte degli amanti della carne di qualità.

Non solo Giappone

Chi volesse delle valide alternative al manzo originale giapponese Wagyu potrebbe optare per una soluzione nostrana sicuramente più a buon mercato. Esistono infatti fornitori che vendono manzo Wagyu proveniente da allevamenti di razze giapponesi in Italia. I ristoratori che vogliono differenziarsi o cercano alternative di carni certificate a prezzi accessibili possono scegliere carni giapponesi “nostrane”.

Non sarà proprio come gustare il manzo allevato nel Sol Levante ma si tratta comunque di una ottima alternativa. Spesso uno dei pochi modi che si hanno per capire se si ha di fronte del manzo giapponese autentico o no è verificare il prezzo. Il vero e autentico manzo Kobe giapponese al 100% infatti può arrivare a costare tra i 300 e i 1000 euro al chilo. Viceversa il Wagyu “italiano” costa all’incirca un terzo del Kobe (100 euro al Kg) e si può trovare anche in alcune catene della grande distribuzione. Diffidare quindi dalle proposte a buon mercato che si spacciano per Kobe originale.

Si tratta infatti di una delle carni più contraffatte al mondo quindi conviene scegliere dei fornitori affidabili e accreditati se si vogliono evitare brutte sorprese.

Se si vuole avere la sicurezza assoluta di comprare carne di manzo Kobe originale bisogna verificare sulla confezione la presenza di un sigillo imperiale accompagnato da un codice di 10 cifre che andrà inserito nel sito www.tajimagyu-trace.com per verificare la provenienza e la discendenza del manzo acquistato.

Quelli che vogliono la carne Kobe devono per forza di cose acquistarla da fornitori di fiducia che la importano direttamente dal Sol Levante. E’ possibile sia ordinarla online, che acquistarla direttamente presso negozi autorizzati che dispongono di tutta la documentazione ufficiale per certificarne la provenienza. Qui è possibile consultare la lista dei fornitori ufficiali in Italia e non solo: http://www.kobe-niku.jp/shop/?lang=1

In un mondo ormai sempre più contrassegnato dalla globalizzazione e dallo scambio continuo di informazioni i ristoratori devono saper rivisitare continuamente la propria proposta ai clienti e magari arricchirla con novità di qualità. Per aumentare la visibilità e la clientela i ristoratori dovrebbero quindi mettersi in discussione e sperimentare puntando su carni di qualità e razza certificata di tutto il mondo. Il Wagyu è sicuramente una di queste e ripagherà ampiamente gli investimenti effettuati.

Di Daniele Cardetta