L’avvento dell’History Cooking | La cucina del Medioevo

Uno dei “filoni” da percorrere per differenziarsi dalla massa è sicuramente l’History cooking (cucina storica), un modo di fare ristorazione innovativo che cerca di riscoprire ricette e sapori del passato e di riproporli in veste contemporanea in modo però da valorizzare la tradizione.

Introduciamo il nostro secondo articolo sulle cucine storiche. Se vuoi leggere e scoprire il nostro primo articolo sull’History Cooking della cucina romana clicca qui !!

La cucina Medioevale, l’History Cooking!

E’ sempre più difficile per i ristoratori sorprendere e impressionare una clientela resa sempre più esigente dal proliferare di programmi televisivi di ogni genere che cercano di declinare la cucina in mille modi diversi. Uno dei “filoni” da percorrere per differenziarsi dalla massa è sicuramente l’History cooking (cucina storica), un modo di fare ristorazione innovativo che cerca di riscoprire ricette e sapori del passato e di riproporli in veste contemporanea in modo però da valorizzare la tradizione.

Non solo, History cooking vuol dire anche valorizzare tutti gli sforzi compiuti per ridare vita a ingredienti e ricette ormai dimenticate, e quindi anche la storia del territorio, i prodotti locali e così via. Chiaramente in Italia siamo molto fortunati in quanto viviamo in un Paese ricco di storia dove ogni borgo, ogni paese, ogni regione, ha una tradizione secolare a cui attingere per dare corpo a un progetto che mischi la riscoperta della storia locale con quella della cucina.

Esempio: la cucina del Medioevo

Nel capitolo precedente dedicato all’History cooking abbiamo visto nel dettaglio alcuni piatti della tradizione culinaria dell’Antica Roma, proponendo una lista accurata di piatti che potrebbero essere riproposti anche oggi da parte di ristoratori ambiziosi che vogliono sorprendere la clientela. Innanzitutto in Italia la cucina medievale ha subito in qualche modo l’influsso di quella romana, con la differenza che si è andata arricchendo nel corso dei secoli anche a causa degli enormi spostamenti di popoli che hanno contrassegnato la fine della Storia Antica e l’inizio del Medioevo. I romani agiati consumavano i loro pasti sul triclinio, e quindi sdraiati, e preferivano pietanze anche molto elaborate: sformati, zuppe, carni macinate, polpette, minestre, intingoli e chi più ne ha più ne metta. Al contrario, nel Medioevo si assistette all’elaborazione di una cucina meno complessa ed elaborata con la proposta di cibi semplici, prevalentemente a base di carne.

Paradossalmente in era medievale i poveri e i contadini avevano una alimentazione più sana in quanto era basata su minestre di cereali e legumi, pane nero e verdure in genere. I ricchi e i nobili invece mangiavano quasi esclusivamente selvaggina (caprioli, cervi, cinghiali) e cercavano di evitare gli animali addomesticati. Fu proprio in era medievale che “esplose” il consumo di salse per accompagnare le carni, questo in quanto la loro conservazione era difficile e si voleva coprire l’odore dei cibi. Anche l’uso di spezie divenne quindi una componente quotidiana dell’alimentazione del Medioevo.

Chiunque voglia realizzare un menù a tema medievale potrà comunque attingere a un numero sterminato di fonti. In particolare la letteratura culinaria italiana è in assoluto la più ricca a livello europeo, si pensi ad esempio all’ “Anonimo Toscano”, un vero e proprio ricettario, probabilmente una traduzione italiana di un libro latino precedente, che rappresenta una vera miniera d’oro. Altra fonte immancabile è il “Libro de Arte Coquinaria”, un ricettario in lingua volgare scritto da Maestro Martino nel XV secolo. Va anche precisato che nel Medioevo non esistevano le portate come nell’antica Roma o come nel mondo di oggi, si usava mettere contemporaneamente tutti i cibi a tavola e mangiare secondo il proprio gusto utilizzando coltelli o le mani.

Gli antipasti nella cucina medioevale

Per la verità il concetto di “antipasto” venne inventato dai romani per indicare quegli alimenti dal gusto leggero che venivano messi a tavola prima delle portate principali per stuzzicare l’appetito dei commensali. Con la caduta dell’Impero Romano si assistette a un impoverimento della tradizione culinaria dovuto anche agli stravolgimenti storici del tempo, e nei secoli successivi gli antipasti caddero in disuso lasciando spazio a piatti di cacciagione o taglieri di carne e salumi. Il concetto di antipasto così come lo intendiamo noi si andò riaffermando solo tra Quattrocento e Cinquecento. Fu proprio nel XVI secolo che ricomparve il termine “antipasto” in uno scritto del Fiorenzuola, e in quel periodo tornarono ad affermarsi anche figure simili a quelle degli chef che scrivevano veri e propri trattati di cucina. Ad esempio il trattato di uno chef dell’epoca, tale Messisburgo, parlava degli antipasti come di “primo servizio di credenza”, e proponeva alcune pietanze basate su ortaggi, salumi e polpette. Una delle portate che potevano essere servite come antipasti nei banchetti medievali sono i crostini con porri e pane o dei purè a base di piselli o lenticchie.

La pasta e i “primi piatti” nella cucina medioevale

Per quanto la nascita della pasta sia controversa, alcuni dicono che già gli antichi romani l’avessero inventata, fu nel Medioevo che questo cibo, da sempre parte integrante della tradizione culinaria italiana, si affermò in modo sistematico. In epoca medievale, come sappiamo tramite l’opera succitata di Maestro Martino, si consumavano vari tipi di pasta come i vermicelli, e si andò affermando la produzione di pasta essiccata in quanto conservabile a lungo. Uno dei piatti che è possibile proporre anche oggi, la cui ricetta ci è arrivata dal “Libro de Arte Coquinaria”, sono i Maccheroni Siciliani. Per cucinarli si dovrà impastare farina con albumi d’uovo e aggiungere acqua per ottenere un impasto elastico e sodo allo stesso tempo. A quel punto si dovrà creare dei “pastoncelli longhi un palmo” e molto sottili confezionando i maccheroni a mano. Dopo aver confezionato la pasta, la si farà cuocere nel brodo di carne e la si condirà con burro e parmigiano mescolato a spezie.

Un altro primo piatto gustoso che i ristoratori contemporanei potrebbero riproporre sono gli gnocchi di formaggio, una pietanza gustosa la cui ricetta è arrivata fino a noi tramite un trattato sulla cucina medievale edito nel 1887 dallo studioso Olindo Guerrini e chiamato “Frammento di un libro di cucina del secolo XIV”. Chiaramente non si alludeva a gnocchi di patate in quanto sarebbero arrivate solo dopo la scoperta delle Americhe nei secoli successivi. Per cucinare gli gnocchi di formaggio secondo l’antica ricetta medievale dovrete ridurre in crema con una forchetta del formaggio grasso fresco e impastarlo con farina. A quel punto si dovrà salare e aggiungere sei rossi d’uovo uno alla volta impastando fino a ottenere un composto omogeneo. Una volta ricavati gli gnocchi con l’utilizzo di un cucchiaio, si dovrà farne delle piccole palle da bollire in acqua bollente e salata.

Non appena saranno saliti a galla bisognerà scolare gli gnocchi e servirli ricoperti di abbondante parmigiano grattugiato. Nel Medioevo non veniva consumata però solo la pasta, con il passare dei secoli si andò sempre più affermando anche l’uso del riso, e ancora una volta è Maestro Martino a proporre una ricetta che potrebbe fare tranquillamente la sua figura anche nei menù dei ristoranti contemporanei. 

La ricetta proposta è quella del riso al latte di mandorla, una pietanza sfiziosa che all’epoca veniva consumata prevalentemente nei giorni di digiuno o quando si era convalescenti. Bisogna anche tenere presente che il riso arrivò nel Nord Italia solo nel XV secolo grazie agli Arabi, quindi questa ricetta era presumibilmente destinata ai più ricchi. Per cucinare il riso al latte di mandorla si dovrà preparare del brodo vegetale e cuocervi all’interno del riso integrale aggiungendo altro brodo poco a poco durante la cottura. A circa metà cottura si dovrà aggiungere il latte di mandorla e sciogliere dello zafferano in un poco di brodo per poi aggiungere il tutto al riso. Il risultato finale dovrà essere un piatto né liquido né asciutto ma con la giusta morbidezza.

Le zuppe della cucina medioevale

Altra componente importante dell’alimentazione medievale erano le zuppe. Il termine stesso “zuppa” deriva dalla tradizione gotica e alludeva a una fetta di pane inzuppata. Nel Medioevo i ricchi signori che davano sontuosi banchetti erano usi consumare la selvaggina sopra grandi fette di pane che sostituivano per certi versi i piatti. A fine pasto, il pane avanzato inzuppato di carne e condimenti veniva donato ai servi che lo mettevano in pentola con verdure di stagione e acqua ottenendone delle zuppe saporite. Una delle pietanze che i ristoratori potrebbero riproporre oggi è sicuramente la minestra di zucca medievale, una ricetta che nel Medioevo veniva preparata nei giorni di magro. Per cucinarla bisognerà pulire e tagliare a pezzetti una zucca per poi farla cuocere in abbonante acqua salata per una decina di minuti.

A quel punto si dovrà scolare l’acqua e tritare la zucca finemente, si aggiungerà latte di mandorla e burro e si porterà il tutto ad ebollizione mescolando con attenzione. A fine cottura si potrà arricchire il piatto con un filo d’olio e dei crostini di pane abbrustolito. Chiaramente la zucca che conosciamo oggi è quella americana, assente in Europa nel Medioevo, mentre all’epoca era altamente probabile che venisse utilizzata la Lagenaria vulgaris, ovvero la zucca da vino, presente da sempre in territorio europeo. Tornando a Maestro Martino si può prendere ancora ispirazione dal suo “Libro de arte coquinaria” per proporre un’altra minestra tipicamente medievale: la zuppa d’erbette. Per cucinarla si dovranno pulire e lavare bietole, spinaci, borragine e scarola. Si dovranno poi bollire le verdure in acqua bollente e salate per poi strizzarle con cura e tritarle su un tagliere di legno. Bisognerà quindi tritare a parte prezzemolo e menta e portare a ebollizione il brodo di carne aggiungendo le erbe cotte. Dopo alcuni minuti di bollitura si dovrà aggiustare con sale e pepe prima di servire.

Le salse della cucina medioevale

Come accennato in precedenza le salse erano molto importanti nella cucina medievale in quanto servivano spesso e volentieri a coprire il gusto troppo selvatico della selvaggina e quello acidulo della carne mal conservata. Le salse erano una parte integrante di ogni banchetto e servivano ad accompagnare carni lesse e arrosto in quanto le rendevano maggiormente digeribili grazie alla forte presenza di spezie. Molto diffusa era la salsa agliata, una salsa pervenutaci ancora una volta grazie agli scritti di Maestro Martino. Per cucinarla sarà sufficiente schiacciare degli acini d’uva con le mani e mettere a bollire il succo per mezz’ora. Dopo averlo filtrato si dovranno aggiungere le mandorle tritate e l’aglio, poi si dovrà mettere della mollica di pane a bagno con dell’altro succo d’uva. Una volta ottenuto un impasto liscio si dovrà aggiungere il composto di aglio e mandorle e montare la miscela fino all’ottenimento della consistenza giusta.

Altra salsa sfiziosa è la salsa verde, una salsa che ci è pervenuta tramite un manoscritto in lingua veneta anche noto come “Libro di cucina del sex. XIV” (Anonimo Veneto). Si tratta di un condimento facile da preparare e molto gustoso che si sposa alla perfezione con la carne bollita. Per prepararla basterà pestare il prezzemolo tritato e il sale in un mortaio fino a ottenere una sorta di crema. A quel punto si aggiungeranno zenzero e cannella e si continuerà a pestare nel mortaio stemperando con aceto. Una delle salse medievali più famose in assoluto era sicuramente l’agresto. Già nelle epoche immediatamente successive cadde nel dimenticatoio ma nel Medioevo era una di quelle salse che non poteva mancare nei banchetti.

Oggi la tradizione dell’agresto sopravvive in alcuni piccoli borghi della Toscana ma i ristoratori possono cercare di riproporla nell’ambito della creazione di menù medievali. Con ogni probabilità l’origine dell’agresto andrebbe ricercata nell’antica usanza dei romani di cuocere il mosto, una tradizione di cui abbiamo certezza dal momento che ci è stata raccontata da Virgilio e da Lucio Columella. Gli antichi romani dopo aver cotto il mosto lo raffreddavano e lo conservavano in botti per poi consumarlo dopo un anno di attesa. Soprattutto nel tardo Medioevo il consumo di questo tipo di salsa divenne capillare in tutte le corti italiane, soprattutto quelle della zona della Pianura Padana, e veniva utilizzato come base per la preparazione di salse o per produrre bevande rinfrescanti come il succo d’uva con agresto e miele.

La tradizione dell’agresto nel Medioevo si affermò probabilmente perché in tempi di grande povertà non ci si poteva prendere il lusso di sprecare l’uva acerba. Gli acini d’uva venivano lasciati appassire per una ventina di giorni e poi venivano trattati a mano. Il mosto veniva poi fatto bollire in grosse pentole fino a creare una specie di sciroppo che veniva aromatizzato con cannella, cipolla, dragoncello, aglio e miele. Dopo altri minuti di cottura si completava l’agresto con l’aggiunta di aceto e l’invecchiamento in botte. L’agresto veniva utilizzato per accompagnare gran parte dei pasti principali medievali a base di carne, sia bollita che alla brace.

La carne della cucina medioevale

Come anticipato soprattutto i nobili nel Medioevo erano dei grandissimi consumatori di carne. Non era insolito che molti sovrani e cittadini abbienti si ammalassero in età adulta di gotta, proprio perché la carne era di gran lunga l’alimento più consumato. Nelle corti si serviva principalmente carne arrosto in quanto si preferivano le carni cotte solo con il fuoco in quanto ritenuta una modalità di cottura più naturale e meno artefatta. Certamente il peso preponderante della carne dipendeva anche e soprattutto dalla cultura nobiliare di estrazione germanica, fu nel Medioevo infatti che si andò affermando il consumo preponderante di carne e burro al posto dell’olio utilizzato dagli antichi romani. Nel Medioevo inoltre il bosco era una componente fondamentale, molto più dell’era dei romani, e si preferiva cacciare gli animali piuttosto che allevarli. Viceversa nel mondo contadino e rurale si consumavano molto di più le carni bollite, e quindi c’era un contesto di maggiore domesticità. I contadini infatti preferivano bollire le carni perché avevano a disposizione animali non più giovani e i bovini venivano macellati solo dopo essere stati impiegati nei campi per il lavoro fino alla vecchiaia. Si consumavano comunque anche carni suine sotto sale e carni ovine, anche se di solito dalle pecore si preferiva ricavare latte e lana.

Tra le ricette di carne medievali più interessanti e facili da preparare che potrebbero essere inclusi in menù di History cooking possiamo citare il maialino da latte ripieno, una ricetta pervenutaci tramite un ricettario francese della fine del XIV secolo scritto da un anonimo autore francese (Mènagier de Paris). Per cucinarlo si dovrà lessare della lombata in acqua salata e preparare a parte il ripieno per farcire un maialino da latte utilizzando la lombata stessa, prosciutto tritato, parmigiano, tuorli d’uovo e castagne. A quel punto si dovrà salare e farcire l’interno del maialino e poi disporlo in una pirofila con le zampe ripiegate sotto il corpo e le orecchie avvolte nell’alluminio per evitare bruciature; il tempo di cottura in forno si aggira intorno alle tre ore e mezza. Altra ricetta interessante, presa sempre dal solito Maestro Martino, è la cosiddetta Carbonata. Si tratta di un piatto molto semplice ma di sicura resa che si prepara mettendo delle fettine di pancetta sulla brace. Dopo averle fatte rosolare a puntino da entrambi i lati le si servirà a tavola rivestite da zucchero, cannella e succo di arancia. Per quanto riguarda la carne alla brace, Maestro Martino propone anche le Coppiette romane. Questa ricetta prevede di tagliare della polpa di manzo a pezzi e di inciderli nel mezzo per inserirvi all’interno come farcitura dei pezzi di lardo. Dopo aver formato degli spiedini li si dovrà spolverare con sale grosso e semi di coriandolo e disporre sulla brace calda.

I dolci della cucina medioevale

Nel Medioevo esisteva anche una grande varietà di dolci che venivano consumati soprattutto dai signori che davano ricchi banchetti nei loro castelli e palazzi. Di solito si consumavano frittelle di mele, budini, tortine e pase di sfoglia ripiene di frutta. Molti dolci erano di preparazione complessa e alcuni sono giunti generazione dopo generazione fino ai nostri giorni. Uno di questi era sicuramente il Biancomangiare, un dolce che ci è pervenuto tramite ricettari medievali provenienti da tutta Europa, Italia compresa. Lo si cucinava soprattutto per infermi e malati nobili, ma con il passare degli anni è entrato a tutti gli effetti nella tradizione culinaria di diversi paesi.

Esistono moltissime varianti del biancomangiare, tra cui alcune ricette molto gustose che potrebbero essere riproposte nei ristoranti contemporanei. Si cucina scaldando del latte con zucchero e bacche di vaniglia tagliate a pezzi, una volta sciolto lo zucchero si dovranno aggiungere dei cucchiai di farina di riso mescolando energicamente il composto con una frusta. Una volta che il composto risulterà denso lo si dovrà togliere dal fuoco e versare in alcune ciotole singole bagnate con acqua. Una volta raffreddato, il composto diventerà sodo e lo si dovrà solo più capovolgere e spolverare con della cannella prima di servirlo in tavola.

La storia come risorsa, la cucina del mediovo

E’ abbastanza evidente che la storia ci offre davvero un bacino sterminato di informazioni alle quali attingere per migliorare la propria offerta alla clientela. Già oggi esistono decine e decine si realtà che cercano di riproporre ricette medievali con banchetti a tema o attività specifiche, e il successo di pubblico sembra dar loro ragione. Le potenzialità dell’History cooking legato al Medioevo sono veramente ampie, specialmente in Italia dove ogni paese, ogni piccolo borgo, ha una storia da raccontare.

E quale modo di raccontare potrebbe essere migliore della cucina? La creazione di percorsi specifici potrebbe permettere di valorizzare i territori e i prodotti locali a patto però di essere dei ristoratori pronti a scommettere sulle novità. La creazione di un turismo virtuoso, di alto livello, pronto a spendere pur di veder rispettate tradizione e qualità, potrebbe essere un volano di crescita anche e soprattutto in un periodo come questo di crisi economica dove bisogna offrire qualcosa di diverso alla clientela per avere successo.

Di Daniele Cardetta