Frittura: come coniugare gusto e leggerezza?

Generalmente, si è soliti identificare nella frittura la tecnica di cottura maggiormente nociva per l’organismo umano. Affermazione tanto perentoria quanto tristemente diffusa, che tuttavia meriterebbe, se non una drastica confutazione, quantomeno alcune precisazioni. Affrontiamo questo argomento perché, proprio in ragione della sua triste nomea, la frittura sta vivendo un periodo decisamente tribolato all’interno del palinsesto della cucina e della ristorazione contemporanee.

fritturaLe più moderne teorie nutrizionali, infatti, postulano una sparizione – o quantomeno una severa riduzione – degli alimenti fritti dai regimi alimentari, e di conseguenza dai menu dei ristoranti, con un conseguente impoverimento dell’offerta gastronomica. Detto in altri termini: oggi, prima di affastellare specialità fritte nel menu, uno chef deve pensarci non una ma cento volte, se non vuole correre il rischio di crearsi una reputazione di attentatore alle coronarie dei clienti.

In realtà, una corretta informazione a riguardo, oltre ad aiutare cuochi e proprietari di ristoranti, può essere utile anche ai clienti. Soprattutto nell’ottica di non rinunciare mai del tutto a piatti tradizionali (alcune cucine regionali sono gravide di prodotti fritti) che oltre a essere indubbiamente golosi, fanno parte di un orizzonte culturale e gastronomico da non disperdere.

Un tabù da sfatare

E allora, come ottenere questa informazione corretta? Innanzitutto destituendo di autorevolezza la convinzione che il fritto rappresenti il male assoluto, dal momento che le cose non stanno così. Volendo infatti abbozzare una specie di tautologia, possiamo affermare che il fritto che fa male è solo il fritto fatto male.

La frittura, infatti, non è una tecnica di cottura semplice e rozza, come spesso si è inclini a pensare. Al contrario, essa necessita di una conoscenza approfondita delle materie prime, oltre a una grande attenzione ai dettagli. Spesso le fritture sono realizzate senza cura né scrupolo, e in quei casi è vero, le controindicazioni per la salute ci sono e sono tutt’altro che leggere. Ma se invece una frittura è realizzata a regola d’arte, avviene esattamente il contrario.

Un metodo efficace per la preservazione dei nutrienti nel cibo

Autorevoli studi nutrizionali, infatti, hanno dimostrato come la frittura sia il metodo di cottura maggiormente incline a preservare i nutrienti contenuti nel cibo, sia esso di origine vegetale o animale, in percentuale persino superiore alla spesso decantata cottura al vapore. Il segreto è nell’immediata sigillatura della superficie degli alimenti, ottenuta tramite lo shock termico derivante dal contatto tra questi e l’olio bollente, che trattiene i succhi all’interno e li mantiene pressoché integri.

Ovviamente, se la frittura non viene eseguita come si deve, si corre il rischio di corrompere il cibo, con l’olio che penetrerà all’interno dei tessuti dello stesso compromettendone la struttura oligominerale e lo spettro organolettico. Inoltre, come molti ben sanno, se la temperatura dell’olio sfugge al controllo del cuoco e raggiunge il cosiddetto punto di fumo (ovvero la soglia dopo la quale esso inizia a bruciare), essa fa sì che nel liquido si liberi acrilammide, una sostanza tossica e potenzialmente cancerogena per l’organismo. E con questo torniamo all’affermazione di prima: è una frittura maldestra e fuori controllo, appunto, a creare danni al corpo umano, non la frittura tout court.

Attenzione all’olio, ma non solo

Dunque, per ovviare a tale inconveniente e servire una frittura buona, leggera e soprattutto sana, è necessario innanzitutto scegliere l’olio giusto. Va detto che gli oli più comuni tra quelli in commercio – compreso l’olio d’oliva – presentano dei punti di fumo variamente soggetti a criticità: posto, infatti, che la temperatura ideale per una frittura varia dai 160 ai 200 gradi a seconda dell’alimento, nessuno dei grassi vegetali comunemente utilizzati in cucina fornisce un margine di sicurezza “blindato” rispetto al proprio punto di fumo.

L’olio extravergine di oliva, ad esempio, arriva a 210° (e poco sotto si fermano lo strutto e il burro chiarificato, i soli due grassi animali indicati per friggere), il che rappresenta un discreto margine per fritture leggere come quelle di pesce (per le quali basta una temperatura di 160-170°, ma dipende sempre dalla taglia del pesce), ma non per piatti della tradizione come gli gnocchi fritti (che hanno bisogno di temperature molto vicine ai 200°, sebbene per un tempo molto contenuto). Altri oli presenti nella grande distribuzione bruciano a temperature persino inferiori, dunque sono poco o per nulla adatti a friggere gli alimenti.

Grassi vegetali alternativi

Una buona soluzione di compromesso può essere data dall’utilizzo di oli raffinati meno comuni ma più performanti dal punto di vista della resistenza al calore: il tanto deprecato olio di palma, ad esempio, brucia a 240°, come l’olio di soia, mentre l’olio di riso si spinge addirittura a 255° e quello di cartamo addirittura a 265°.

Ecco, forse sono proprio questi ultimi tre prodotti, soia, riso e cartamo, a rappresentare un salvagente per una delle tecniche di cucina più povere e al tempo stesso più nobili della nostra tradizione. Primo, perché, con un margine di diverse decine di gradi rispetto alle ordinarie temperature di frittura, è più facile tenere sotto controllo le oscillazioni di calore. Secondo perché non hanno costi troppo difformi da quelli dei grassi vegetali più comuni. E terzo perché, a differenza dell’olio di palma (e malgrado quest’ultimo sia stato in parte riabilitato), non fanno storcere la bocca ai puristi dell’alimentazione, e possono essere sbandierati sul menu come agenti del riscatto della frittura dai peccati che le vengono solitamente ascritti.

Poi, per chi vuole esagerare, ci si può spingere anche più in là. L’olio di avocado, ad esempio, raggiunge il punto di fumo oltre i 270°: il problema è che il suo costo al dettaglio supera in media i 40 € al litro…

Frittura: altri accorgimenti e precauzioni

Ovviamente, il tutto non si riduce alla mera scelta dell’olio. Per realizzare una frittura come si deve, è necessario seguire alcune regole di buon senso e tenere presenti pochi ma fondamentali accorgimenti.

fritturaConservazione dell’olio

Avete presente la dicitura “Conservare in un luogo fresco e asciutto”, presente sui contenitori di molti prodotti alimentari? Ebbene, per l’olio questo consiglio vale doppio. Anzi, già che ci siete, aggiungete anche “buio”: alte temperature, luce e umidità sono nemiche giurate della conservazione dell’olio e ne riducono sensibilmente la tolleranza alle alte temperature.

Equilibrio olio-cibo

Una frittura si realizza immergendo completamente gli alimenti nel liquido bollente. Non solo: per agire a dovere, l’olio non deve essere soffocato da un quantitativo eccessivo di cibo. Pertanto, serve attenzione nel dosare l’uno e l’altro, oltre a un recipiente adeguato.

Controllo della temperatura

Va bene il margine di oscillazione dato dagli oli più resistenti al calore, ma bisogna sempre tenere presente che più la temperatura si mantiene costante e più uniforme e fragrante sarà la frittura. Pertanto, diffidate di metodi di controllo della temperatura sin troppo casalinghi, come gli stuzzicadenti immersi nell’olio e altre amenità simili: oggi come oggi, un locale che vuole servire dei fritti degni di questo nome non può prescindere dal munirsi di una buona friggitrice dotata di termostato.

Volume degli alimenti

Più il cibo è porzionato in piccole unità, più rapida sarà la frittura. E minore è il tempo durante il quale il cibo è a contatto con l’olio, maggiore sarà la qualità dello stesso quando verrà servito. Per non parlare del sapore…

Contenitori

La padella o il cestello per frittura devono essere sufficientemente ampi e profondi da contenere agevolmente olio e cibo. Quest’ultimo deve avere lo spazio necessario per “nuotare” liberamente nel contenitore, senza incontrare ostacoli non appena si sposta (a meno che non si tratti di cibo pastellato, nel qual caso deve essere pressato per evitare che la pastella si disperda nell’olio corrompendolo).

Seguendo queste semplici regole, non solo potrete confermare nei vostri menu tutte le specialità fritte di cui siete capaci, ma avrete la possibilità di reclamizzare un modo realmente rivoluzionario di gustare la frittura: sano, leggero, nutriente e senza controindicazioni. I vostri clienti saranno i primi a ringraziarvi, per aver dato loro la possibilità di riavvicinarsi ad alcuni dei piatti più appetitosi della nostra tradizione gastronomica senza timori né sensi di colpa.